Il territorio

Ultima modifica 17 maggio 2022

Maniace è conosciuto per essere uno dei paesi più ricchi di verde e d’acqua dell’entroterra siculo. Il nucleo abitativo si distende in una valle fertile, la cui posizione è d’invidiabile bellezza: sorge, infatti, lungo le rive del fiume Simeto, ma fa anche parte del Parco dei Nebrodi. Durante la stagione invernale è facile osservare meravigliosi paesaggi innevati e scorgere all’orizzonte il Tirreno, circondato dalle "isole di Eolo"; a sud, infine, chiude questo magico scenario il cono del Mongibello. Il Parco dell’Etna è stato il primo ad essere costituito in Sicilia, nel 1987, e non a caso visto che si parla del vulcano attivo più alto d’Europa in cui sono presenti antichi insediamenti naturali di Pini, Faggi e Betulle. Il Parco è stato diviso in quattro diverse zone, per preservare queste ricchezze naturali accompagnate dalla presenza dell’uomo. Nella zona A, grande circa 19.000 ettari, non ci sono insediamenti umani, ma spazi sconfinati, regno incontrastato dell’aquila reale. Nella zona B, 26.0000 ettari di grandezza, cominciano a scorgersi i primi appezzamenti agricoli privati ed è qui che è possibile ammirare esempi di antiche abitazioni contadine, ricoveri per animali, case padronali che, anche a Maniace, sono tuttora abitate. Le restanti zone C e D costituiscono un’area di pre-parco, grande 14.000 ettari, tale da consentire eventuali insediamenti turistici.

L’Etna presenta ad oriente una depressione denominata “Valle del Bove” grande circa 7 km per 5 km, originata da antiche manifestazioni esplosive. Fino al secolo scorso la fauna etnea era caratterizzata da animali ormai estinti come i lupi, cinghiali, daini e caprioli, ma, nonostante il disboscamento selvaggio, sopravvivono, seppur continuamente minacciate, specie quali la volpe, la martora, il gatto selvatico, il coniglio e la donnola. Moltissimi gli uccelli ed in particolare il sovrano tra i rapaci, l’aquila reale, e tutta una serie di rapaci notturni, tra i quali spicca il barbagianni ed il gufo reale. Nelle zone boscose è possibile scorgere la ghiandaia, il colombo selvatico, il cuculo e tutti i rettili che popolano il sottobosco, la cui unica presenza pericolosa è la vipera, aumentata A causa della progressiva sparizione delle specie predatrici. La vegetazione è particolarmente varia e soggetta a repentini cambiamenti a causa delle continue colate laviche che mutano la morfologia del paesaggio. Su tale paesaggio dominano i vigneti, i noccioleti, i querceti ed i castagni. Oltre i 2000 metri si trova il Faggio e la betulla, tra i 2000 e i 3000 il paesaggio muta per fare spazio a formazioni pluviformi di astragalo, ma al di sopra di queste alture si stende il deserto vulcanico, nel quale nessuna forma vegetale riesce ad attecchire.

Maniace è uno dei tre paesi della provincia di Catania, assieme a Bronte e Randazzo, che fa parte del Parco dei Nebrodi e ne ha assorbito le caratteristiche paesaggistiche. I Monti Nebrodi sorgono lungo la costa tirrenica, tra i Peloritani e le Madonie. Le loro vette superano i 1.500 metri, la più elevata è il Monte Soro-1847 mt., e si estendono fitti boschi, che costituiscono la parte residua della foresta, che, in tempi remoti, copriva l’Isola per il 50% della sua estensione. Le pendici impervie sul versante settentrionale sono attraversate da tutta una serie di fiumare, corsi d’acqua torrentizi; nel versante meridionale, invece, si aprono delle valli che declinano verso le falde dell’Etna. Nei Nebrodi permangono tracce di antiche e grandi civiltà, come i resti archeologici di origine greco-romana di Tyndaris ed Alesa, le chiese medievali di San Marco d’Alunzio o il monastero basiliano di San Filippo di Fragalà. La necessità di preservare quest’immenso patrimonio artistico, culturale ed antropologico, ha fatto si che si istituisse il Parco dei Nebrodi, che si può considerare il vero polmone verde della Sicilia. Del Parco fanno parte 21 Comuni: 17 ricadono nella provincia di Messina, 3 in provincia di Catania, tra cui, appunto Maniace; e Cerami in provincia di Enna che hanno mantenuto parte del proprio impianto urbanistico originale La zona dei Nebrodi era, un tempo, regno di daini e cerbiatti (e nebros in greco vuol dire, appunto, cerbiatto), accoglie tutt’oggi alcune specie animali in via di estinzione come le martore gli istrici ed una coppia di aquile reali.

I volatili sono rappresentati anche dal nibbio reale, dallo sparviero, dal falco pellegrino. Nelle fitte boscaglie è, inoltre, possibile incontrare il suino nero, simile al cinghiale, che, allevato allo stato brado, è molto temuto dai contadini della zona, perché, nel ricercare il cibo, distrugge il sottobosco. Uno spettacolo suggestivo è offerto dai branchi di cavalli bradi: si tratta della razza dei Sanfratellani, incrocio tra razza araba e purosangue inglesi, che sono in grado di resistere alle temperature più fredde ed alle fatiche più grandi. Infine negli ampi pascoli trovano ristoro mandrie di ovini e bovini che forniscono carni e prodotti caseari genuini e di ottima qualità. Quello che si definisce “il polmone verde” della Sicilia, smentisce l’idea dell’interno dell’Isola arida e brulla. Nelle pianure sorgono agrumeti, uliveti, noccioleti, viti e macchia mediterranea che si estendono lungo tutta la fascia collinare. Tra i 700 e i 1000 m. si ammirano i querceti, tra i 1000 ed i 1300 il cerro ed oltre la faggeta, che è la più meridionale d’Europa e che è circondata degli agrifogli e dagli aceri e da un sottobosco ricco di fragoline, more, ciclamini, porcini ed ovuli. Nelle colline di Caronia e San Fratello, troneggiano i sughereti che arrivano quasi fino al livello del mare. Vicino ai greti torrentizi si notano degli oleandri, ormai in via di estinzione per la progressiva degradazione dei corsi d’acqua. Oltre i 1000 m. si alternano campi di grano e ampi pascoli dove trovano nutrimento mandrie di bovini e di ovini che testimoniano la presenza di un’attività pastorizia legata a tecniche arcaiche. La grande varietà della flora dei Nebrodi fa di questa zona un importante luogo di ricerche naturalistiche.


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